REINVENTANDO L’UMANO
28a Edizione – Anno 2024
PRESENTAZIONE DI FERRUCCIO MERISI, IL DIRETTORE ARTISTICO
“Reiventando l’Umano” non è uno slogan né un manifesto programmatico, è semplicemente il denominatore comune che abbiamo trovato nella serie di spettacoli di drammaturgia contemporanea che siamo stati portati a scegliere.
Uno dei connotati della qualità è la necessità: qualcuno deve avere bisogno di esprimere qualcosa, e qualcuno deve avere bisogno di esserne spettatore. Anche quest’anno partiamo dall’aver riconosciuto questa necessità in una serie di spettacoli e artisti, oltre che nelle testimonianze degli spettatori. Si tratta di prime regionali. Prima o poi le ritroveremo nei grandi Teatri. Magari dopo qualche anno, come succede. La necessità dura nel tempo.
Oggi siamo immersi in una mutazione veloce: tecnologica, sociale, climatica, geopolitica, ecc.
Volenti o nolenti, in modo più o meno evidente, sentiamo il bisogno di reinventarci un po’ la vita. Per riuscirci, o almeno per provarci, forse non è male condividere quei segnali di reinvenzione dell’Umano che l’Arte e la cultura contemporanea ci stanno proponendo. In particolare il Teatro, che l’Umano, letteralmente, lo mette in scena.
L’Umano non è un valore prefissato da conservare, e tantomeno un totem da costruire. È il punto di vista da cui ogni giorno ci confrontiamo con la realtà, con la sua storia, con la sua scienza. È il centro, il punto di partenza dell’esperienza del mondo; un centro ancora misterioso e un po’ sconosciuto a sé stesso, grazie al cielo. In qualche modo però i suoi limiti definiscono e limitano il mondo che osserviamo. Reinventando e allargando, questi limiti, aumentando e attrezzando il concetto e la condizione di Umano, abbiamo la possibilità di vedere le cose in modo nuovo, e magari di capirne di più…
E l’Arlecchino, che è nato come diavoletto – e non certo nelle favole per bambini dove per un po’ ha dovuto rifugiarsi – è felice di essere il simbolo di quella allegria e di quella irrequietezza positiva e ottimista che per fortuna accompagnano queste reinvenzioni.
Per questo, ovviamente con altrettanto allegra autoironia, abbiamo chiamato in questa edizione “instabili” i Teatri che festeggiamo.
Ferruccio Merisi
direttore artistico