AFUMA
“Tiwani”
OPEN WORKSHOP
di Carlo Costantino
Che energia contagiosa, quella degli Afuma, compagnia di Trampolieri del Togo che ha attraversato in parata il centro cittadino da piazza Cavour alla Loggia del Municipio. Come degli strani uccelli che si librano a oltre 5 metri di altezza, i tre acrobati iniziano a danzare e a cantare all’unisono, accompagnati dal ritmo del tamburo di un quarto trampoliere. La magia trasforma una normale passeggiata pomeridiana in centro in una festa prorompente, che cattura l’attenzione ammirata della gente e, in molti casi, la costringe a muoversi a tempo.
Decine di sguardi rivolti all’insù, spesso con un sorriso estatico stampato in volto, osservano questa gioventù così vitale ed allegra, che non esita, tra un passo di danza e una figura acrobatica di grande effetto (e difficoltà), a stringere la mano ad un’anziana signora affacciata alla finestra del primo piano in Corso Vittorio Emanuele, o a “dare il cinque” ad un giovane che si sporge dal balcone. Il corteo di curiosi e aficionados che segue gli acrobati in parata ripete come può da terra i passi di danza, batte le mani al ritmo suggerito, si immerge in quest’atmosfera spensierata e travolgente. Tanta roba per Pordenone.
Afuma, come ci spiega Francesco Leonetti (che organizza le tournee del gruppo) nel successivo incontro a palazzo Gregoris, è il nome di una pianta africana, simile a una felce, che cresce aderente agli alberi e, proprio come i protagonisti, “non cade mai”.
Il simbolismo che permea le figure espresse dagli Afuma risale ad antiche cerimonie di carattere spirituale, alle quali i trampolieri si devono approcciare solo dopo un rituale di purificazione preventiva. La tradizione venne col tempo trasformata in arte di spettacolo (cosa non proprio ben accetta nella regione di Atakpamé), e consentì a questi giovani di affrancarsi da una vita difficile e creare una troupe, attraverso i cui proventi è stata creata e viene tuttora mantenuta una scuola per bambini in difficoltà.
Le domande ai trampolieri si susseguono incalzanti, ma ad un certo punto si decide di lasciar parlare i corpi, scatenandoci tutti assieme in una intensa serie di passi di danza, che ci riportano a una condizione di “ancestralità” che ci accomuna.