LUIGI CIOTTA
“abbatoir blues”
di Carlo Costantino
L’atmosfera conviviale che si respira nel chiostro dell’ex Convento San Francesco, e che ci ha accompagnato di frequente in questi giorni di Festival, ci conduce e ci predispone a questo appuntamento, che, seppur tratti un tema un po’ forte come quello del maltrattamento degli animali da allevamento, si preannuncia ricco di spunti comici e, in qualche modo, circensi.
“Benvenuti a Porte Aperte al Mattatoio, e, ehm, buon divertimento!”, esordisce l’attore, dando forma a quell’ambiguità che sarà il filo conduttore di tutto lo spettacolo e che, non possiamo negarlo, contraddistingue il più delle volte anche noi consumatori di carne. Tutto si gioca nel rapporto tra quanto il macellante deve fare, e quanto si sente di mostrare al suo piccolo re-maialino, nel vano tentativo di evitargli dei traumi. Lo stesso protagonista deve difendersi dalla crudezza del proprio mestiere attraverso la masticazione spasmodica di un chewing-gum, dal quale risulta fortemente dipendente.
Tra un tango con la carcassa di una vacca, il gonfiaggio di una pecora utilizzata poi come cornamusa e divertenti giochi di illusionismo, per sdrammatizzare (ma non troppo…) il rapporto con gli animali, si giunge all’epilogo, che vede il carnefice immolarsi assieme alle vittime, pur di salvaguardare l’innocenza del cucciolo.
Se vogliamo trovare una morale a questa storia, che favola non può proprio definirsi, è che ciò che ci può salvare è solo la tenerezza dell’anima.