Andrea Cosentino “Rimbambimenti”
di Carlo Costantino

Foto di Franco Moret©. Tutti i diritti riservati.
Piuttosto difficile incasellare Andrea Cosentino in una precisa categoria artistica; clown, musicista, ventriloquo, cabarettista, attore e regista, autore di testi… Nessuna di queste definizioni da sola può illustrare ciò che questo poliedrico artista ci ha proposto nel suo spettacolo “Rimbambimenti”. Ma, come ci insegna la teoria della Gestalt, “il tutto è molto più della somma delle singole parti”.
All’ex Convento S. Francesco, di fronte ad un pubblico di oltre 85 persone interessate e ben disposte, Cosentino esordisce con un bombardamento di parole e concetti che investono lo spettatore in una sequenza di battute, giochi, ossimori, freddure, il cui ritmo drammaturgico lascia senza fiato. Sembra di assistere ad uno spettacolo pirotecnico, in cui non c’è il tempo per godere di una battuta o di una situazione, perché subito ne segue un’altra ancora più interessante.
Per fortuna, l’attore ci concede qualche pausa per rifiatare (visto che, come egli non manca di farci notare, qualche forma di Alzheimer è già all’opera nelle nostre menti di spettatori). Lo fa sia in forma musicale, con l’ausilio di una “trombetta” e di Lorenzo Lemme, musicista e tecnico del suono di grande valore, sia attraverso qualche intermezzo “scientifico”, in cui si avvale dei suoi pupazzi, che anima con grande perizia e una timbrica vocale particolarmente efficace.
Ne risulta un prodotto forse volutamente contradditorio, da un lato estremamente elaborato nelle sue connotazioni scientifiche (dove si parla di teoria quantistica, relatività, entropia, buchi neri, morte fredda dell’universo, ecc.), dall’altro ricercatamente trasandato, laddove non conta più se una gag funziona o non funziona, il solo ammetterne il fallimento diventa di per sé interessante. E perché no? Anche constatare pubblicamente che gli spettatori “non hanno capito niente” disorienta, diverte e fa riflettere, rinforzando ulteriormente l’impianto drammaturgico.
Cosentino, grazie al ruolo di “vecchietto”, si garantisce la libertà creativa di giocare con contraddizioni e manipolazioni linguistiche di grande effetto.
Cito, per chiudere a tal proposito, uno dei passaggi più emblematici e divertenti: “Mi è sempre piaciuto di fare il vecchietto, fin da piccolo, sono anni che mi esercito. All’inizio devo dire poco convincente, ma già adesso niente male. Ancora una ventina d’anni di esercizio e lo faccio perfetto il vecchietto”.
Carlo Costantino