PREMIO “La Stella de L’Arlecchino Errante”
AD ANTONIO VIGANÒ
di Carlo Costantino
Nell’anno in cui l’Arlecchino Errante titola il proprio Festival “Reinventando l’Umano”, non poteva essere più azzeccata la scelta di Antonio Viganò come destinatario di quello che Ferruccio Merisi, più che premio, ama definire “Titolo”: un riconoscimento, quest’anno, ad un personaggio poliedrico del panorama teatrale europeo che fa della fragilità e della capacità di meravigliarsi due dei punti di forza della sua drammaturgia.
Il lavoro di anni con i portatori di disagio psichico o fisico ha portato Viganò a sviluppare un approccio ben lungi da quelle forme di assistenzialismo a cui siamo avvezzi e che talvolta scivolano verso una logica pietistica; se l’approccio terapeutico mette la malattia davanti alla persona, con la sua prospettiva, Antonio antepone la parola “teatro”, e, attraverso un sapiente lavoro di regia e di coinvolgimento, rende i protagonisti dei suoi spettacoli non già socialmente utili, ma culturalmente necessari. La scommessa è quella di comunicare l’arte del teatro per se stessa, in quanto tale e non perché chi la propone è affetto da qualche forma di handicap o di disagio.
Sono certo che chi ha avuto la fortuna di assistere allo spettacolo “Otello Circus” sarà d’accordo con me sul fatto che la scommessa è stata vinta su tutta la linea.
Attraverso Antonio Viganò, “La Stella dell’Arlecchino Errante” di quest’anno, nel tempo numerosi attori e fruitori dei suoi spettacoli hanno orientato il proprio percorso formativo verso nuovi orizzonti.
E’ anche questo il senso del memorabile intervento musicale di Miriam, una non vedente dalla voce cristallina, che ci regala la sua interpretazione dell’intramontabile brano “Over the Rainbow”, tra i cui versi spicca il seguente: “un giorno esprimerò un desiderio su una stella cadente”.
Ed anche il premio, rappresentato da una targa con l’immagine di un Astrolabio (un antico strumento utilizzato per trovare la propria strada attraverso la posizione delle stelle), creata dall’artista e artigiana Patrizia Cipolat Mis, sottolinea l’enorme contributo di un Viganò che ha saputo credere nella diversità del teatro, piuttosto che nel teatro dei diversi.